APOSTOLATO DELLA PREGHIERA
SALVA IL TUO POPOLO, SIGNORE!
Cuore divino di Gesù,
io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo a gloria del Divin Padre.
Agosto 2018
- "Perché le grandi scelte
economiche e politiche
proteggano le famiglie
come un tesoro dell'umanità"
- "Perché le comunità cristiane, ristorate
in questo periodo da tempi
di spiritualità e di condivisione, riscoprano
l'urgenza di annunciare la gioia del Vangelo"
- "Cuore di Gesù,
i Tuoi sacerdoti proclamino
il Tuo Vangelo
con la parola e con la vita"
Gesù, sulla croce, ha sperimentato fino in fondo la conseguenza fondamentale del peccato
che è la perdita di Dio. È diventato il senza
Dio, l'ateo - di un ateismo di pena, non di colpa - e questo per espiare tutto l'ateismo colpevole che c'è nel mondo e in ognuno di noi, sotto forma di ribellione a Dio, di noncuranza di Dio.
Davvero, il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui. Gesù ha sperimentato in sé, misteriosamente, - dicono alcuni dottori della Chiesa e mistici - la pena dei dannati, che consiste nella privazione di Dio, nello scoprire improvvisamente che Dio è tutto, che senza di lui è impossibile sia vivere che morire, e che tu l'hai perso per sempre.
Una santa che ha rivissuto questa pena dice che in quelle condizioni, non si può neppure ricorrere a Dio, «perché si conosce di essere in luogo di giustizia, non di pietà». «Tutte
le pene - dice la stessa santa — sono niente al confronto di questa. Basta dire che quelle anime sono prive di Dio.
L'inferno non è che la perdita del Sommo Bene» (S. Veronica
Giuliani, Diario del 16.7.1697).
Tutto questo era necessario «perché fosse distrutto il corpo del peccato» (Rm 6, 6) e perché, in cambio della maledizione,
venisse su di noi la benedizione (cf. Gai 3, 13).
Fin dai tempi più antichi, i Padri hanno applicato a Cristo sulla croce la figura biblica delle acque «amare» di Mara che si trasformano in acque dolci, al contatto con il
legno gettatovi da Mosè (cf. Es 15, 23 s.). Cristo, sul legno della croce, ha bevuto lui stesso le acque amare del peccato e le ha trasformate nelle acque dolci della grazia. Ha trasformato l'immenso «no» a Dio degli uomini in un «sì», in un «Amen», ancora più immenso, tanto che ora «attraverso lui
sale a Dio il nostro Amen per la sua gloria» (cf. 2 Cor 1, 20).
Ma che cosa tutto questo ha comportato per l'anima umana del Salvatore, nessuno mai potrà né saperlo, né descriverlo.
Nessuno conosce la passione del Figlio se non il Padre...
Sostiamo ora un poco sotto la croce, per abbracciare, con uno sguardo d'insieme, tutta la passione dell'anima di Cristo e vedere ciò che, attraverso di essa, si è compiuto di
nuovo nel mondo.
Gesù nella sua passione ha realizzato il grande «mistero della pietà» (1 Tm 3, 16): con la sua eusebeia, o pietà, ha ribaltato l'asebeia, l'empietà, creando la situazione nuova degli uomini davanti a Dio, che chiamiamo salvezza.
(Raniero Cantalamessa. La vita nella signoria di Cristo – Ed. Ancora).
La parola del Papa (1)
Trovare la mia vocazione e viverla in ogni posto è importante e fondamentale, sia io un grande scienziato, o un contadino. Tutto è importante agli occhi di Dio: è bello se è vissuto sino in fondo con quell'amore che realmente redime il mondo.
Solo con l'apertura del cuore a lui, Gesù, Dio e uomo, solo con la conoscenza dell'insieme di quanto ha detto e di quanto ha fatto, con il nostro amore, con il nostro andare verso di lui, possiamo man mano conoscerlo sempre di più e così anche fare l'esperienza di essere amati.
"Signore, che io conosca me, che io conosca te", scrive S. Agostino.
Queste parole del Papa ne sono un bel commento. Ma per avere un'esperienza diretta del Signore, ed aprirci così
anche alla vera conoscenza di noi stessi, nulla di più efficace dell'incontro personale con lui.
Questo avviene in modo particolare nella Celebrazione Eucaristica. Un'occasione favorevole ci è offerta
ogni sera , alle 19,00 nella Chiesa di Arcipretale di Mareno o il mercoledì a Soffratta o il giovedì alla Scuola d'Infanzia di Mareno. Sei cordialmente invitato!
La parola del Papa (2)
Inginocchiarsi davanti all'Eucaristia è professione di libertà: chi si inchina a Gesù non può e non deve prostrarsi davanti a nessun potere terreno, per quanto forte.
Noi cristiani ci inginocchiamo solo davanti a Dio, davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l'unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito.
Ci prostriamo dinanzi a un Dio che per primo si è chinato verso l'uomo, come Buon Samaritano, per soccorrerlo e ridargli vita, e si è inginoc chiato davanti a noi per
lavare i nostri piedi sporchi.
Adorare il Corpo di Cristo vuol dire credere che quel pezzo di pane è realmente Gesù Cristo, che dà vero senso alla vita, all'immenso universo come alla più piccola
creatura, all'intera storia umana come alla più breve esistenza.
La parola del Papa (3) gennaio 2012
La Chiesa è chiamata, in ogni tempo opportuno e non opportuno, a proclamare
il Vangelo che non solo propone verità
immutabili, ma le propone proprio come chiave per la felicità umana e la prosperità sociale
(cfr. Gaudium et spes, n. 10). Nella misura in
cui alcune tendenze culturali attuali contengono elementi che vogliono limitare la proclamazione di tali verità, o racchiudendola entro
i confini di una razionalità meramente scientifica o sopprimendola nel nome del potere politico e del governo della maggioranza, esse
rappresentano una minaccia non solo per la
fede cristiana, ma anche per l'umanità stessa
e per la verità più profonda sul nostro essere
e sulla nostra vocazione ultima, il nostro rapporto con Dio. Quando una cultura tenta di
sopprimere la dimensione del mistero ultimo
e di chiudere le porte alla verità trascendente, inevitabilmente s'impoverisce e diviene
preda, come ha intuito tanto chiaramente il
compianto Papa Giovanni Paolo II, di una lettura riduzionistica e totalitaristica della persona umana e della natura della società.
Con la sua lunga tradizione di rispetto del giusto rapporto tra fede e ragione, la Chiesa ha
un ruolo cruciale da svolgere nel contrastare
le correnti culturali che, sulla base di un individualismo estremo, cercano di promuovere
concetti di libertà separati dalla verità morale. La nostra tradizione non parla a partire da
una fede cieca, bensì da una prospettiva razionale che lega il nostro impegno per costruire una società autenticamente giusta, umana
e prospera alla nostra certezza fondamentale
che l'universo possiede una logica interna accessibile alla ragione umana. La difesa della
Chiesa di un ragionamento morale basato
sulla legge naturale si fonda sulla convinzione che questa legge non è una minaccia alla
nostra libertà, bensì una "lingua" che ci permette di comprendere noi stressi e la verità
del nostro essere, e di modellare in tal modo
un mondo più giusto e umano. Essa propone
pertanto il suo insegnamento morale come un
messaggio non di costrizione, ma di liberazione, e come base per costruire un futuro sicuro.
La testimonianza della Chiesa, dunque, è
per sua natura pubblica: essa cerca di convincere proponendo argomenti razionali nella pubblica piazza. La legittima separazione
tra Chiesa e Stato non può essere interpretata come se la Chiesa dovesse tacere su
certe questioni, né come se lo Stato potesse
scegliere di non coinvolgere, o essere coinvolto, dalla voce di credenti impegnati nel
determinare i valori che dovranno forgiare il
futuro della nazione.
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Le notizie di catastrofi naturali, di
massacri umani e sconvolgimenti di ogni genere che i mass-media divulgano ogni giorno con parole e immagini a profusione, sono tali da togliere il fiato. L'esistenza umana
è davvero, come diceva Giobbe, un «duro servizio» (Gb 7,1), tutta fatica e dolore. Ogni generazione compie il suo cammino passando, come le precedenti, attraverso il fuoco e l'acqua, attraverso varie tribolazioni e vicissitudini.
La sofferenza è, effettivamente, la realtà che percorre tutta la storia e che mette l'uomo davanti al proprio limite.
L'uomo nasce piangendo e - come scriveva il poeta Leopardi - la madre, che pure partorisce nel dolore, si china su di lui per consolarlo di essere nato:
«Nasce l'uomo a fati ca, ed è rischio di
morte il nascimento...e in sul principio stesso la madre e il genitore il prende a consolar dell'es ser nato. Poi che crescendo
viene...studiasi fargli core, consolarlo dell'umano stato».
A questa visione pessimistica si fa incontro, però, un messaggio di speranza che dà senso a ciò che appare del tutto assurdo: l'uomo è una creatura che comincia nel tempo e si completa nell'eternità proprio passando attraverso un travaglio di parto che sfocia nella gioia.
E così avviene perché Dio stesso si è coinvolto con la con dizione umana facendosi uomo, incarnandosi nella Persona del Figlio. Gesù Cristo, nato da donna, ha vissuto la più
grande empatia caricandosi del peccato del mondo, vera causa del dolore e della morte.
Per sollevarci dalla nostra miseria, egli si è fatto «uomo dei dolori che ben conosce il patire» e portandoci tutti sulla croce del suo sacrificio d'amore ha fatto della sofferenza la via della salvezza, ha fatto della morte un passaggio alla vita immortale. Infatti, come si legge nell'Apocalisse, che è il Libro sacro della speranza escatologica, alla fi ne dei tempi:
«Dio tergerà ogni lacrima dai nostri occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate... ne sono nate di nuove» (cf. Ap 21,4ss;2Cor 5,17).
La consolazione, che viene promessa e riservata in pienezza per la vita eterna, ci è fatta pregustare parzialmente lungo la via. Gesù, infatti, rimane con noi con il dono del
suo Spirito Paraclito (il Consolatore) e ci dona se stesso come Pane per il viaggio: la sua Parola, il suo Corpo Eucaristico.
Non solo, ci ha pure dato la sua Madre, Maria, che ha patito nel suo cuore la Passione del Figlio e ha pure raccolto nel suo
cuore immacolato il dolore di noi tutti, da Lei amati come figli nel Figlio. Consolata dal Padre con la risurrezione di Gesù e,
in seguito, anche con la sua assun zione al Cielo, è divenuta nostra Consolatrice, causa della nostra gioia.
Anna Maria Canopi, O.S.B.
(Monastero, Isola San Giulio)
Il Cuore che pensa.
Colui che vuole onorare veramente la passione del Signore deve guardare con gli occhi del cuore Gesù Crocifisso, in modo da riconoscere nella sua carne la propria carne. …
A nessuno, anche se debole e inerme, è negata la vittoria della croce, e non v'è uomo al quale non re chi soccorso la mediazione di Cristo. Se giovò a molti che infi erivano contro di lui, quanto maggiore beneficio apporterà a coloro che a lui si rivolgono!
L'ignoranza dell'incredulità è stata cancellata. È stata ridotta la diffi coltà del cammino. Il sacro sangue di Cristo
ha spento il fuoco di quella spada, che sbarrava l'accesso al regno della vita. Le tene bre dell'antica notte hanno ceduto il
posto alla vera luce.
Il popolo cristiano è invitato alle ricchezze del pa radiso.
Per tutti i battezzati si apre il passaggio per il ritorno alla patria perduta, a meno che qualcuno non voglia precludersi da se stesso quella via, che pure si aprì alla fede del ladrone.
Procuriamo che le attività della vita presente non creino in noi o troppa ansietà o troppa presunzione sino al punto da annullare l'impegno di conformarci al nostro Redentore,
nell'imitazione dei suoi esempi. Nulla infatti egli fece o soffrì se non per la nostra salvezza, perché la virtù, che era nel
Capo, fosse pos seduta anche dal Corpo.
«Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14), non lasciando nessuno privo della misericordia,
ad eccezione di chi rifi uta di cre dere. E come potrà rimanere fuori della comunione con Cristo chi accoglie colui che ha preso la sua stessa natura e viene rigenerato dal medesimo
Spi rito, per opera del quale Cristo è nato? Chi non lo riterrebbe della nostra condizione umana sapendo che nella sua vita c'era posto per l'uso del cibo, per il riposo, il sonno, le ansie, la tristezza, la compas sione e le lacrime?
Proprio perché questa nostra natura doveva esse re risanata dalle antiche ferite e purificata dalla feccia del peccato,
l'Unigenito Figlio di Dio si fece anche Figlio dell'uomo e riunì in sé autentica natura umana e pienezza di divinità.
È cosa nostra ciò che giacque esanime nel sepol cro, che è risorto il terzo giorno, che è salito al di sopra di tutte le altezze
alla destra della maestà del Padre.
S. Leone Magno: Discorsi
( Discorso 15 sulla passione del Signore, 3-4)